Non ci resta che piangere
Che cosa hanno nella testa gli escursionisti che seminano fazzoletti lungo i sentieri?
Immaginate di camminare nel bosco più bello che ci possa essere, e di imbattervi, quasi a ogni passo, in una traccia umana. Non un’impronta di scarpa, non una briciola di Pollicino. No. Qualcosa di bianco. Seminato qua e là completamente a caso. Un rifiuto, per altro per nulla ingombrante. Anzi, facilmente riportabile a valle. Comodamente parcheggiabile in qualunque tasca: di pantaloni, giacca, zaino o quel che volete.
Eppure giace lì a terra. A lato del sentiero. Solitario o in compagnia di altri suoi consimili. A volte maldestramente infilato tra le pietre di un muretto. Più spesso spudoratamente abbandonato dove capita. In segno di totale disinteresse per l’ambiente. O di totale ignoranza. O di totale mancanza di sensibilità. O di rispetto.
Certo, la cellulosa non è plastica, è biodegradabile, gli elementi, e il tempo, ci penseranno a cancellarne le tracce.
Però… La domanda è perché? Perché, cari escursionisti sedicenti amanti della natura, lo fate? Perché mollate dove vi capita ciò che usate per asciugare i vostri umori, superiori o inferiori che siano?
Quella che vedete è una galleria minima di immagini scattate, domenica 25 agosto 2019, lungo l’itinerario che conduce al Lago di San Bernolfo in Valle Stura. Andata lungo il sentiero nel bosco che a un certo punto diventa Percorso Natura. Ritorno lungo la rotabile ex militare.
Moltiplicate per mille quel che vedete e forse vi potrete avvicinare al numero di pezzi di carta sciaguratamente mollati lungo il tragitto da una moltitudine di irresponsabili.
I quali sicuramente agiscono con la medesima noncuranza in spiaggia, ai giardinetti e nelle piazzole degli autogrill.
Infatti il problema non è come ci si comporta in montagna, ma come ci si comporta ovunque su questo sempre più fragile pianeta.